CHE OLIMPIADI SIANO!

di Eugenio De Paoli

Era il 21 ottobre del 2007 quando, per l’ultima volta, la Ferrari vincendo con Raikkonen il Gran Premio del Brasile, all’ultimo respiro, si aggiudicava il mondiale F1:
Undici anni, sono passati 11 anni, e il problema è che visto il dominio Mercedes con un Hamilton fuoriclasse assoluto chissà quanto ancora si dovrà aspettare.
Preoccupano i ripetuti errori di Sebastian Vettel certo non aiutato da un “muretto” che, per stessa ammissione del Team Principal Maurizio Arrivabene, denuncia gravissime carenze strategiche ma anche tecniche.
Certo il dubbio viene che l’era Marchionne abbia azzerato con troppa fretta e superficialità la squadra del Cavallino di Montezemolo.
Vero che erano anni che non si vinceva nemmeno con loro, ma errori marchiani e ripetuti,come quelli visti ultimamente non si ricordano.
Il mito Ferrari non crollerà mai, la “Rossa” sarà sempre nel cuore dei milioni di tifosi in Italia e nel mondo e proprio per questo meriterebbe non tanto di tornare competitiva ma di tornare a vincere.
Certo che questo 2018, dal punto di vista sportivo, è stato per l’Italia un vero disastro.
Pensavamo di aver visto abbastanza con la clamorosa esclusione della nazionale di calcio ai mondiali in Russia ed ecco che dobbiamo ammainare le bandiere anche nella F1.
Calcio e F1 i due eventi più seguiti e sentiti in Italia.
Il che dovrebbe far riflettere.
Ma se per quello che riguarda la Ferrari la ferita è ancora aperta e i tempi per una riflessione approfondita in teoria ci sono, per quello che riguarda il calcio, dopo un’estate senza precedenti tra campionati in bilico, commissariamenti, guerre senza quartiere tra candidati veri o presunti alla presidenza in particolare della FIGC, solo adesso,sembra, si vede la luce.
Va dato atto ancora una volta al presidente del CONI Malagò che il suo commissariamento della Lega è durato il tempo necessario per tirare fuori dal cilindro il nome di Miccichè.
Ma dall’altra parte, in Federazione, con Fabbricini commissario, si è scatenato l’inferno.
E le responsabilità di Fabbricini sono solo parziali.
La notte dei lunghi coltelli ha travolto un po’ tutto e tutti.
A cominciare da nomi illustri del passato come quello di Abete, a lungo rimasto leader fantasma di una coalizione fantasma prima di essere dichiarato non candidabile.
Ma il fatto davvero paradossale di tutta questa storia è che per mesi abbiamo assistito e letto di nomi e maggioranze che salivano e scendevano da una parte e dall’altra, ma mai che nessuno dei protagonisti in tutto questo tempo avesse proposto un programma.
Particolare non da poco per una Federazione chiamata a rimettere insieme i cocci di un disastro sportivo e anche politico.
Alla fine ce l’ha fatta (salvo clamorosi colpi di scena dell’ultimo minuto) Gabriele Gravina.
Un imprenditore-manager di 64 anni con una grande esperienza e riconosciuta capacità.
Si parla di un mandato fino al 2020 e poi una staffetta con Cosimo Sibilia altro professionista(e politico) di lungo corso, anche lui profondo conoscitore dell’ambiente.
Ci voleva tanto?
Capisco che l’interrogativo possa sembrare ingenuo e forse banale, ma è quello che molti addetti ai lavori pensavano da tempo.
Capire adesso quali guerre e quali battaglie si siano combattute nelle retrovie non ha grande importanza. L’importante è rimettere in moto tutto il movimento e riportare il calcio italiano lì dove merita.
Passa anche da qui la credibilità sportiva del nostro paese.
Lo sa bene Malagò, lo sa bene il sottosegretario Giorgietti ,che non a caso è dovuto intervenire più di una volta con autorità e autorevolezza sulle questioni legate al calcio.
Loro, i due principali attori della candidatura olimpica di Milano e Cortina per il 2026.
Tanto si è discusso di questa doppia candidatura che avrebbe dovuto essere addirittura tripla se Torino fosse rimasta in gioco.
Chi vuole faccia i debiti scongiuri ma se non ci saranno incidenti di percorso, se il Governo troverà il modo di dare le giuste garanzie, questa candidatura è destinata avincere.
Un po’ per mancanza di avversari ma molto perché l’idea è geniale e questa sarà la nuova frontiera delle prossime candidature olimpiche.
Una città da sola, a meno che non si chiami Tokyo, non è più in grado di sostenere i costi di una Olimpiade. Difficile su quelle estive ,molto complicato su quelle invernali.
Per le ultime a Sochi determinante è stata la scesa in campo in prima persona del Presidente Putin che garantì a suo tempo, se non ricordiamo male , 60 miliardi di investimenti da parte dello stato.
Il tema delle Olimpiadi è tra quelli più dibattuti nel mondo dello sport e andrebbe approfondito in altra sede. Certo organizzare i Giochi i due località diverse e molto distanti tra loro, non sarà cosa da poco.
Atleti e pubblico dovranno parametrarsi in maniera diversa rispetto anche al recente passato.
Ma se Milano e Cortina ce la faranno, e i presupposti ci sono tutti, allora il solco sarà tracciato.
Basterà seguire l’esempio dell’Italia, motivo certamente di grande orgoglio, un modo,se vogliamo,per i tifosi italiani che un po’ traditi si sentono da due grandi amori del passato : la Nazionale di calcio e la Ferrari di Maranello.