cibo

Ciò che è bello è anche buono grazie al food design

Non si tratta di un atto artistico o un vezzo dello chef, ma riguarda “la progettazione degli atti alimentari, ovvero l'attività di elaborazione dei processi più efficaci per rendere corretta e gradevole l'azione di esperire una sostanza commestibile in un dato contesto ambiente o circostanze di consumo” (Manifesto del Food Design, a cura della commissione food dell'ADI)
L'associazione per il disegno industriale (ADI) decide, nel dicembre del 2004, di stilare il Manifesto del Food Design, ovvero di dare una definizione precisa a questa disciplina e di regolamentarla in una decina di punti fissi. “Il Food Design prende in analisi i motivi per i quali compiamo un atto alimentare per meglio comprendere come progettarlo e soddisfare in maniera adeguata l'esigenza dell'utente. Il Food Design si occupa di prodotti edibili, comunicazione, packaging, servizi e luoghi legati alla vendita e al consumo di cibo” (Manifesto del Food Design). Non si sta parlando unicamente di un abbellimento del piatto attraverso l'utilizzo di particolari decorazioni originali, ma si tratta di vera e propria progettazione di produzione seriale a partire dagli ingredienti, passando per la ricetta, il procedimento di preparazione, la presentazione e la fruizione. Per fruizione si intende proprio la modalità di assaggio, ovvero il modo in cui il piatto va affrontato, l'ordine delle sensazioni palatali da stimolare, quelle olfattive e quelle visive.
Quando si parla di Food Design non ci si può limitare all'estetica di un piatto, questa disciplina infatti lega il concetto di innovazione al mondo del cibo e di conseguenza tende alla sostenibilità e alla riqualificazione del territorio. Per queste ragioni è possibile che si sposi con il Social Design per collaborazioni insieme alle associazioni no-profit. Siamo praticamente in un limbo tra arte, cucina e ideazione dove materie e argomenti diversi concorrono per la riuscita di un progetto. La parola d'ordine è sperimentare uscendo completamente dagli schemi, partorendo così idee creative continue da applicare al mondo del food. L'innovazione, d'altra parte, si conquista con il coraggio dell'esplorazione, con la voglia di mettere in campo discipline diverse per raggiungere un obiettivo che rimandi a un miglioramento di un aspetto della vita dell'individuo.
Ecco cosa troviamo nel piatto quando ci viene servita una pietanza che è stata oggetto di studio e progettazione da parte di un food designer: impegno, creatività, innovazione e intraprendenza. Ma come si diventa food designer? In questi ultimi anni, naturalmente, si sono moltiplicati i corsi specifici per i giovani che intendono intraprendere questo percorso. L'Istituto Europeo di Design (IED) ha attivato un corso specifico per questa disciplina e si pone l'obiettivo di formare progettisti che abbiano competenze in produzione, comunicazione e fruizione dei prodotti alimentari. Generalmente si consiglia una formazione scientifica, ma come per tutti gli aspetti del design si scopre che, anche in questo caso, formazioni classiche e artistiche sono adeguate per intraprendere questo percorso multidisciplinare. Quindi non serve essere uno chef e non serve nemmeno saper cucinare, non è detto e non è assolutamente necessario che il food designer sia un cuoco, ma se un cuoco è anche un food designer sicuramente possiede una marcia in più.
La creatività in cucina sposa discipline come l'architettura, perciò troviamo in commercio praline di cioccolato “assemblabili” secondo il nostro gusto personale. Torte multistrato che ricordano costruzioni futuristiche di mondi lontani, bibite costituite da liquidi di diversi pesi e densità così che possano scivolare in gola con tempistiche diverse... e chi può ne ha più ne metta, si apre il mondo della fantasia arricchendo il semplice gesto del nutrirsi.
E da primo gennaio teniamoci pronti: sarà ufficialmente permesso lavorare prodotti a base di insetti. Chi avrà la fantasia necessaria per rendere gradevole al nostro palato e alla nostra vista un prodotto così inusuale? Staremo a vedere.