cronaca

CONSUMO ERGO SUM

FRA BARRIERE E PERCEZIONI NEL MERCATO CONTRAFFATTO

A cura di Sara Zannelli
Project Manager INDICAM

Tra capacità di spesa e processi di scelta, l’individuo ricopre il ruolo di consumatore per gran parte della giornata. Ma quando questo consumo si instaura nel mercato contraffatto, questo ruolo come si modica?
Siamo all’incirca nel 27 a.C. in quella che all’epoca era definita Gallia. L’Impero Romano dettava legge non solo per tassazione o potere, ma anche per i prodotti e per il lusso del tempo. Un commerciante si aggira per le vie di quella che oggi potremmo definire Francia, proponendo ai possibili acquirenti anfore di vino, all’apparenza romano e di ottima qualità. Ma, si sa, spesso le apparenze illudono e, sempre spesso, l’inganno prima o poi viene smascherato. Infatti il mendicante in questione trasporta sì anfore, caratteristiche dei vini romani che all’epoca erano rinomati per la loro prelibatezza (che logicamente corrispondeva anche ad un altissimo costo), ma al loro interno vi vendeva vino di bassa qualità.
Ecco uno dei primi casi di commercio di prodotti contraffatti.
Citando Stefano Izzi , da cui è ripreso anche l’esempio di cui sopra, se pensiamo alla contraffazione come pratica di consumo, questa ha origini che si ritrovano «...nei tempi lontani e tanti sono gli esempi che testimoniano la presenza nella storia del fenomeno della contraffazione, dal ritrovamento di vasi antichi e manufatti con sigilli alterati o falsificati, risalenti al periodo degli egizi e dei romani...».
Ne dobbiamo quindi dedurre che da sempre l’individuo si è trovato a confrontarsi con un mercato come quello del falso, che ricordiamo si modifica e trasforma le sue fattezze come il mercato originale.
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di identificare quello che oggi è diventato una mera parola-contenitore che può voler dire tutto e niente e che ingenuamente tutti pensiamo di poter descrivere, ma che quando ci troviamo a farlo nessuna definizione sembra esaustiva e completa: il consumatore.
Innanzitutto è mia preoccupazione affermare che il consumo non può esaurirsi con il semplice atto che porta il soggetto ad entrare in possesso di un bene attraverso l’acquisto, ma è qualcosa che va oltre, che arriva cioè ad instaurarsi in quei meccanismi di costruzione del mondo e di definizione dei legami propri di un determinato contesto socio-culturale.
Ne risulta che, se provassimo a immaginare un contesto di riferimento diverso da quello in cui siamo stati socializzati, troveremmo dei significati e delle motivazioni al consumo estremamente diverse da quelle che attualmente ci risultano inscindibili dal concetto, anche ingenuo, che ogni individuo ha del consumo e del consumatore. Questa idea, che riprende le teorie di Dario Romano, uno dei grandi psicologi del nostro tempo, ci porta a ragionare sul fatto che non solo il consumatore, così come noi oggi lo conosciamo, sia una figura relativamente recente, forgiata dagli ultimi due, tre secoli della nostra storia, ma anche e soprattutto che è solo nella nostra storia contemporanea che il “consumo, ergo sum” del titolo acquista un senso: qualsiasi attività che qualsiasi individuo metta in atto è consumo, ma non tutto l’essere di un individuo è riconducibile solo a questo.
Il consumatore non è che un punto di vista da cui l’individuo può dare significato a ciò che è la sua realtà: l’individuo è consumatore nel momento in cui utilizza quella lente-consumo con la quale vedere il mondo, conoscerlo e connotarlo.
Eccoci qua allora, con la domanda che ha mosso questa riflessione: quando l’individuo si trova a dover entrare in contatto con il mercato contraffatto, la sua lente-consumatore come è?
Dagli anni ’90 è stata registrata un’accelerazione e un incremento della domanda di prodotti contraffatti, indice di quanto sia stata sottovalutata l’importanza economica della diffusione della contraffazione.
Oggi, sebbene la normativa vigente nel nostro Paese definisca la contraffazione come un fenomeno di criminalità organizzata, sono ancora molti i consumatori che si rivolgono al mercato del falso.
Tale comportamento, oltre a sostenere un mercato illegale controllato e gestito dalle mafie italiane (in particolare Camorra) e straniere, non sembra tener conto del reato commesso in termini legali nell’acquistare merce contraffatta, che costituisce una violazione del diritto di Proprietà Intellettuale dei marchi coinvolti.
Per cercare però di definire meglio quelle che sono le percezioni del consumatore legate al mercato contraffatto, molto interessanti sono gli ultimi studi, proprio su questi temi, pubblicati recentemente da EUIPO in revisione alla prima indagine sulla percezione pubblicata dallo stesso Osservatorio Comunitario sulle violazioni della proprietà intellettuale nel 2013. Questo studio oltre a fornire ulteriori analisi della percezione che i cittadini dell’UE hanno dei diritti di proprietà intellettuale, permette di poter confrontare e dare una descrizione dei mutamenti avvenuti in materia di Proprietà Intellettuale nella psicologia dei consumatori. Ciò risulta di notevolissima importanza soprattutto in un contesto e in un periodo storico nel quale si da un’enfasi particolare a parole e concetti come creatività, unicità e innovazione.
Lo studio, cui hanno partecipato residenti di tutti gli Stati membri dell’UE a partire dall’età di 15 anni e che raccoglie i risultati di oltre 26.000 interviste, conferma in generale il quadro globale del 2013. Quello che però sembra modificarsi nel 2016 è da annoverare ad uno spostamento quando si considerano le varie fasce di età. Nel 2013, la convinzione che le grandi aziende e gli artisti famosi fossero i principali beneficiari della PI si concentrava maggiormente fra i giovani europei. Nel 2016, invece, questa convinzione si diffonde nei vari gruppi di età: il 40 % degli intervistati di età compresa tra i 15 e i 24 anni (- 7 punti), il 47 % degli intervistati fra i 25 e i 39 anni (senza variazioni rispetto allo studio del 2013), il 49 % delle persone comprese fra i 40 e i 54 anni (+ 5 punti) e il 40 % degli intervistati dai 55 anni in su (+ 4 punti).
Uno dei dati che lascia meglio sperare in riferimento ai temi legati alla Proprietà Intellettuale è da descrivere con il 97% dei cittadini che considera giusto remunerare il lavoro di artisti, creativi e inventori, a partire dal consumo legale di prodotti non contraffatti. Inoltre, due terzi degli intervistati riconosce il ruolo delle aziende ad alta intensità di PI nella creazione di occupazione. Questo dimostra che nonostante il mercato contraffatto abbia una capillarità e una capienza notevole, la percezione sta cambiando. Non che questo ci faccia pensare che siamo vicini alla fine dell’esistenza del mercato contraffatto, sia chiaro.
E il prossimo dato sembra proprio mostrarci questo. Infatti se mettiamo davanti i consumatori a pratiche diciamo “comuni”, attuate fra le mura di casa o attraverso i nostri smartphone, come ad esempio lo scaricare contenuti digitali dal web, i dati cambiano mostruosamente.
Nonostante l'accettabilità generale della violazione dei diritti d'autore sia in calo, nell'area del digital content, solo il 35 % degli intervistati ritiene che sia accettabile ottenere illegalmente contenuti online se lo si fa per uso personale (- 7 punti) - le esigenze di consumo sembrano prevalere sempre più sulle preoccupazioni di ordine legale: il 31% (+ 9 punti) degli europei intervistati, infatti, afferma che ottenere contenuti online attraverso fonti illegali sia accettabile se non sono disponibili alternative legali.
E qui arriva il bello: “in mancanza di alternative legali”. Dato su cui secondo me dovremmo fare chiarezza è proprio questo: quali sono le alternative legali, ma soprattutto fra le alternative legali sono contemplati le regolari tempistiche che permettono ad un autore di immettere nel mercato un album o che permettono ad una produzione di far doppiare la puntata di una serie? (questa è una provocazione neanche tanto velata verso quella parte di user che pur di vedere l’ultima puntata di una serie o l’ultima canzone del cantante preferito, violano proprio dei diritti dell’autore stesso o della produzione!)
Questa sorta di negazione di reato o di comportamento a discapito dei Diritti di Proprietà Intellettuale per quanto concerne i contenuti cosiddetti “in streaming”, era emersa anche da alcuni studi effettuati da INDICAM. La ricerca in questione prendeva come target di riferimento i giovani consumatori italiani, ma i risultati sembrano proprio confermare quanto appena detto.
Come si nota dalla figura 1 scaricare una serie televisiva è stato definito, in primis, come una pratica diffusa la cui caratteristica principale è risultata essere la comodità. Nonostante le valutazioni precedenti, i partecipanti hanno riconosciuto come nettamente illegale questa attività. Importante è constatare l’elevato punteggio attribuito agli item “diffuso” e “socialmente accettato”, indici di come fenomeni psicologici come la diffusione di responsabilità e l’ignoranza collettiva intervengono in modo incisivo nell’influenzare atteggiamenti e comportamenti del giovane consumatore.


Figura 1: scaricare una serie televisiva da Internet violando il copyright è: (punteggi medi su scala Likert da 1 a 7)

Ma quindi la lente-consumatore contraffatto come è? Sicuramente offuscata.
Come si evince, le percezioni del consumatore in riferimento a Proprietà Intellettuale e diritti che la regolamentano sono per azzardare contraddittorie. E questo fenomeno, se così si può chiamare, non è solo dipendente dalla poca conoscenza degli individui in materia degli stessi diritti e del reato che sottostà a determinati comportamenti, ma soprattutto a meccanismi sociali di diffusione che possono essere smantellati con un lavoro costante e omogeneo da parte dei vari stakeholders che prendono parte a questa “lotta”.
Dobbiamo infatti cercare una sorta di panno, riprendendo la metafora della lente, che riesca non solo a dare una panoramica reale delle problematiche soprattutto digitali legate alla Proprietà Intellettuale, ma formare il consumatore ad un consumo responsabile e originale.