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INTERVISTA GIULIA BEVILACQUA

 

Romana, classe ’79, Giulia Bevilacqua ha preso parte a film, spettacolari teatrali e fiction. Debutta in televisione nella serie tv “Un medico in famiglia 3” ed arriva al successo con il ruolo della poliziotta Anna Gori in “Distretto di Polizia”. Presto di nuovo sul grande schermo, Giulia ci racconta del suo amore per Roma e per la recitazione in ogni sua forma:

Sei cresciuta e tornata successivamente a vivere nel quartiere Prati, a Roma. Come vivi il rapporto con il tuo quartiere? Cosa ti piace di lui?

Prati è il mio quartiere di origine, quello in cui mi sento più a mio agio. E’ come se vivessi in un paesino, avendo ormai i miei punti di riferimento; il fornaio, il supermercato, o anche semplicemente la signora che ogni volta che passo davanti al suo negozio mi saluta. Prati è anche il quartiere dove vivono mia mamma, mia sorella e mio fratello; qui mi sento protetta, ho la mia “rete di protezione” accanto a me. Altra caratteristica che amo è che è un quartiere comodissimo, ad un passo da tutto. Dopo aver vissuto a Milano per due anni, essere tornata in Prati è come essere tornata a casa.

In questi giorni c’è grande attesa per l’uscita del tuo ultimo film “Il Principe di Roma”, al fianco di altri straordinari attori come Marco Giallini. Da romana, chi identificheresti come Principe della tua città?

Nel film, che uscirà al cinema il 17 Novembre, c’è un riferimento ad Alberto Sordi, in quanto proprio Marco Giallini interpreta un uomo avaro che aspira a diventare nobile, che ricorda Alberto Sordi ne “Il marchese del Grillo”. Ecco, per me Sordi è la romanità, come anche Gigi Proietti, due grandi artisti che ho amato e amo alla follia.

Da un punto di vista funzionale, se dipendesse da te cosa miglioreresti di Roma?

La cosa che mi dispiace di più è che Roma è una città che sta morendo piano piano, sempre di più. Quando ho vissuto a Milano ho scoperto una città in continua evoluzione e che tende a rimettere in sesto ciò che sta andando in malora. A Roma, invece, lasciamo che ciò che è in rovina si distrugga completamente. Mi piacerebbe che si cominciasse a parlare di Roma come una città in evoluzione, una città nuova. Penso alle strade rovinate, ai palazzi lasciati morire, agli edifici abbandonati; è questo che mi dispiace, se una cosa si rompe ormai la si butta, mentre invece bisognerebbe concentrarsi sul rinnovarla, sul portarla a nuovo.

Hai praticato qualche sport a livello agonistico?

Mio padre era un campione di pallacanestro, mentre io, a dire la verità, non sono una persona particolarmente sportiva, anzi credo di non essere proprio portata per gli sport. Arrivare a livelli agonistici richiede sacrificio e tanta fatica fisica, e quest’ultima è una cosa che non sopporto. Tuttavia, nella mia vita ho praticato una grande varietà di sport, tra cui pallavolo, basket, scherma, nuovo e danza. In compenso, amo camminare; mi piace passeggiare lungo il Tevere e guardare la città.

Come spettatrice, ti piace guardare uno sport in particolare?

Mi è sempre piaciuto tantissimo guardare il tennis, anche se non l’ho mai praticato. Mi ricordo quando lo guardavamo tutti insieme a casa, con mio padre ed i miei fratelli.

Nella tua carriera ti abbiamo visto recitare in fiction, a teatro e al cinema; dove ti trovi più o tuo agio?

Questa è una domanda a cui è difficile rispondere. Per me recitare è sempre bello, è la mia passione ed il luogo in cui mi sento più a mio agio, libera da qualsiasi tipo di maschera o costrizione. E’ come se chiedessi ad un bambino se preferisce andare al luna park, al parco o ai gonfiabili; è sempre un gioco meraviglioso. Cinema e televisione sono diventate esperienze simili, in quanto l’unica differenza è che la televisione ha dei tempi più serrati e veloci, ma si è arrivati ad una qualità del prodotto televisivo altissima. Mi ricordo Distretto di Polizia, giravamo in pellicola e con direttori della fotografia meravigliosi. E’ ovvio che il cinema ha un fascino in più, perché vedere un film al cinema è una vera e propria esperienza; vivi quella storia immedesimandoti in tutto. Invece, il teatro per un attore è come fare l’amore, è un’esperienza vera, concreta, fisica; c’è il corpo, la mente, il sudore, il respiro che cresce insieme al pubblico. Mentre cinema e televisione sono come una relazione, il teatro è un’esperienza sessuale, ma è pur sempre amore.

Per quanto riguarda le fiction, essere stata identificata per anni come Anna Gori di Distretto di Polizia è stato un valore aggiunto o è stato pregiudizievole per la tua carriera?

Sono grata a Distretto di Polizia perché mi ha insegnato tantissimo e regalato momenti indimenticabili, sia professionalmente che emotivamente. Chiaramente, la scelta di recitare in questa fiction per così tanti anni mi ha precluso altre esperienze, essendo impegnata tutto il giorno sul set, e questo a posteriori mi dispiace molto. Mentre giravo Distretto ero una ragazzina, avevo 23 anni, ero appena uscita dal Centro Sperimentale di cinematografia quindi ero felicissima di farlo, però ad oggi rimpiango di aver perso dei treni.

Hai interpretato e dato vita a molti personaggi negli anni, qual è stato il ruolo più difficile da interpretare e quale, invece, quello in cui ti sei sentita più te stessa?

I ruoli difficili sono quelli in cui il personaggio deve mandare un messaggio o ha una storia pesante alle spalle. Ti senti responsabile verso chi guarderà il lavoro e si riconoscerà in te, quindi c’è anche una sorta di pudore, un’attenzione a non ferire o fare qualcosa che potrebbe essere falsa. Ad esempio, quando ho interpretato la sorella di Simonetta Cesaroni nel delitto di via Poma avevo la responsabilità di interpretare un personaggio realmente esistito che aveva subito un dramma enorme, ovvero perdere la sorella assassinata; avevo paura di questa responsabilità, ho parlato con Paola Cesaroni ed alla fine è stato un lavoro molto faticoso ma bellissimo. Ultimamente, invece, ho interpretato una donna alla fine dell’800 nella serie “Più forti del destino”, un ruolo altrettanto difficile perché era una donna ante litteram, femminista, alla ricerca della propria indipendenza in una società patriarcale; dar vita a delle cose che per noi adesso sono scontate è stato veramente difficile.

Invece, i ruoli più facili sono quelli in cui devo interpretare personaggi che hanno qualcosa in comune con me. Questo mi permette di guardarmi dentro e mettere nella recitazione “quel qualcosa in più”. Sono una persona molto solare, non mi piace prendermi sul serio e mi piace sdrammatizzare, quindi mi rivedo di più in personaggi di commedie. Ad esempio in “Cops” interpretavo una donna completamente priva di umorismo, cosa che non mi appartiene, però  proprio per questo mi è piaciuto interpretare questo ruolo; ho dovuto tirare fuori una parte comica da un personaggio a me distante.

 

 

Foto: MIRKO MORELLI 

Styling :Other srl Agency

total look : Fendi

Location: Hoxton Roma

Trucco: Giulia Luciani @Simone Belli Agency

Capelli: Luigi Siciliano @Simone Belli Agency

 

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