SARA MORGANTI, STELLA DEL PARADRESSAGE


Oltre le barriere, con la passione di sempre.

 

Dal Bronzo Olimpico di Tokyo 2021 al sogno delle Paralimpiade nella reggia di Versailles 2024. 

Visto l’avvicinarsi della 90esima edizione del prestigioso Concorso di Piazza di Siena a Roma, presso  la cornice di Villa Borghese, dal 25-28 maggio 2023, abbiamo avuto il piacere, di scambiare due parole con una grande Atleta del mondo dell’equitazione, Sara Morganti, una vera  cavallerizza che tiene alto il nostro tricolore. 

 

Sara, donna forte, caparbia dal sorriso magico, dinamica ed energetica, ha da sempre coltivato infinite passioni nel mondo dello Sport, dedicandosi sin da più piccola al mondo dell’equitazione, partendo dalla scuderia e dal vero rapporto con il Cavallo, animale nobile che l’ha portata oggi ad essere una grande cavallerizza italiana, atleta della nazionale, stella tricolore del paradressage, disciplina scoperta a seguito della notizia della malattia. 

 

Si dice spesso che per imparare a vincere, dobbiamo prima imparare a cadere e sopratutto rialzarsi, che oggi sicuramente Sara ne è testimone, che con la sua grinta ha saputo guardare oltre le barriere che la vita le ha messo davanti, ed in sella al suo fedele Royal, è andata alla conquista dei suoi prestigiosi ed importanti titoli nel mondo del Paradressage. 

 

- Ciao Sara, grazie mille per le emozioni che ci regali sul campo gara e nella vita, per il tuo tempo e la disponibilità a condividere con noi di ALIS, la tua storia. 

Ti andrebbe di parlarci un poco del tuo viaggio di vita e perché proprio l’equitazione? 

Io ho iniziato a montare a cavallo a 13 anni, prima ho sempre fatto altri sport, come atletica, pallavolo e danza, sognavo di diventare un giorno la ballerina. 

A differenza di mia sorella che da sempre montava a cavallo, e da li una volta provato con Lei, non sono mai più scesa dalla sella ed è nata la mia passione. 

Mi sono talmente innamorata di questa disciplina e dei cavalli, al punto tale che per poter montare e pagarmi i corsi, ho iniziato a lavorare nelle scuderie, aiutando a sellare i cavalli, pulire le stalle e tutto quello che vi era da fare in maneggio.  Di fatto passavo tutto il mio tempo libero, dopo la scuola, a contatto con questo fantastico animale a cui devo la mia passione. A 19 anni, la mia vita ha un punto e a capo, a seguito della diagnosi della sclerosi multipla. Inizialmente montavo abitualmente, prima di attraversare un angolo buio in cui la malattia si iniziò a far sentire e decisi di non montare più. Questo periodo non durò troppo, fortunatamente ripresi con la mia passione rivedendo le tipologie di gare. Prima facevo salto ad ostacoli e cross country, poi a seguito del progredire rapido della malattia, che prese un andamento progressivo e veloce, fui costretta a lasciare gli ostacoli per non rischiare di farmi male. Così decisi di dedicarmi al lavoro in piano, che poi è di fatto divenuta la mia disciplina, quindi il paradressage. Lo chiamavo “lavoro in piano” perché all’inizio non avevo delle competenze tecniche specifiche, anche se poi di fatto quando montavo realizzavo le figure in campo, quindi appunto dressage. 

L’equitazione perchè c’è il valore aggiunto con il cavallo, questo rapporto unico, ed anche quando non posso montare, mi basta essere vicino a loro, dargli da mangiare e mi rende felice 

il fatto che mi riconoscano. Li amo tantissimo, per come sono loro, degli animali enormi, di una sensibilità eccezionale che mi emoziona. Se si pensa a che forza hanno i cavalli, e come invece fanno montare una persona come me, che ho un deficit di forza diffuso su tutto il corpo, tronco, mani, gambe, tutto, ci rendiamo conto di quanto i cavalli siano generosi e sensibili. A 21 anni poco prima di sposarmi sono costretta a l’utilizzo della sedia a rotelle. Stavo per annullare il matrimonio, mentre mio marito ha confermato l’amore che aveva per la Sara di sempre, e nulla avrebbe cambiato il rapporto con me, così a 22 anni ci siamo sposati. Sino ad oggi ho sempre montato, anche se solo nel 2007 e 2008 ho dovuto fermarmi a causa del dolore neuropatico che mi ha fermato completamente. Oggi stiamo provando con cure specifiche, anche se il dolore è aumentato nel tempo e non passa, non mollo più, e monto lo stesso, perché alla fine faccio una cosa che  amo fare. 

 

Il Paradressage forse rappresenta l’essenza massima del rapporto psicofisico con il cavallo. Unione unica e rara con un animale di estrema sensibilità ed equilibrio nel rapporto con  la persona che lo monta. Come funziona questa disciplina? Che rapporto avete tu e Royal Delight la tua “compagna Atleta”? 

Tecnicamente il Paradressage è una disciplina equestre che si basa sulla rappresentazione di alcune figure, realizzate montando il cavallo all’interno di un’arena di sabbia delimitata da lettere. Figure che devono essere più precise possibili, movimenti geometrici con il cavallo in una certa posizione ed il cavaliere con un certo assetto, con l’attività del cavallo che deve essere regolare e tanto altro che comporta i punteggi espressi dai giudici. Di fatto ogni figura rappresentata da un voto. Di fatto le figure sono le stesse del Dressage, cambia la categoria dei Cavalieri che è espressa in una classificazione realizzata a seguito di alcune visite che ne definiscono il grado di disabilità o meglio l'abilità residua dello stesso Cavaliere. 

Ci sono 5 categorie, dal grado uno che prevede le gare solo al passo per chi ha maggiore disabilità, sino al grado 5 per chi invece ha più abilità residua. Cambiano le andature, alcune delle figure e la disposizione di esse. Io ad esempio rappresento sono classificata per la più alta disabilità.

Con Royal è una simbiosi. Il nostro rapporto si basa su una comunicazione invisibile agli occhi degli altri.  Comunicazione sempre più’ raffinata grazie all’allenamento ed il tempo passato insieme, perché appunto questo è poi lo scopo finale del Dressage e Paradressage, ossia quello di mostrare il rapporto armonioso tra i due, dove il cavallo deve apparire come un “Happy Athlete”, quindi un Atleta contento, che lo è solo se si stabilisce un rapporto di collaborazione puro e di perfetta sintonia. 

 

- Quanto è stato importante per te entrare a far parte della Nazionale Italiana per la disciplina equestre del Paradressage?

La disciplina del Paradressage fa parte della Federazione Italiana Sport Equestri attraverso un protocollo d’intesa siglato nel 2009, anno in cui sono entrata a far parte appunto della Nazionale, che è composta da quattro atleti.  Per me è grande motivo di orgoglio, onore e senso di responsabilità, sopratutto al pensiero che rappresento la mia Nazione, i miei compagni e tutta la Federazione durante tutte le gare Nazionali ed Internazionali sino appunto alle Olimpiadi.  Di fatto un grande impegno a fare sempre del mio meglio. 

 

- Finalmente anche gli Atleti paralimpici possono entrare nei gruppi sportivi militari, quanto è stato importante per te entrare a farne parte? Ci racconti questa nuova opportunità? 

Il mio ingresso nel Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa, è stato un sogno che si realizza, ne sono onoratissima, di aver avuto la possibilità di aver vinto il concorso, grazie al posto messo a concorso grazie ai risultati che ho fatto. Già dal 2017 alcuni Gruppi Sportivi Militari di Stato avevano fatto un protocollo d’intesa con il Comitato Italiano Paralimpico per tesserare gli atleti paralimpici di maggior rilievo con i risultati migliori, però non eravamo arruolati, ne assunti, ma solo tesserati.  Dal 2021 è stato fatto un decreto legge, in cui i Gruppi Sportivi Militari di Stato, possono assumere ai ruoli civili, con un contratto di tre anni nel mio caso, anche gli atleti paralimpici. Posti messi a concorso, con numero di posti disponibili per varie discipline, punteggio in base ai titoli avuti nella propria carriera. È tanta l’emozione per me, un passo epocale voluto dal Presidente Pancalli, che mi riempie il cuore, un vero traguardo. Questo mi ha permesso di essere parte di un passo storico come questo, mi ha permesso di dedicarmi al 100% alla preparazione atletica, allenamenti, preparazione propedeutica a montare a cavallo senza più chiedere le ferie, poiché appunto ora il mio lavoro è fare L’Atleta professionista quindi è bellissimo e sono felicissima, motivo per cui voglio dare il massimo per il Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa che mi ha dato questa grande opportunità. 

 

- Quale è la tua percezione sul tema dell’inclusione? Si sta veramente facendo qualcosa per abbattere questa barriera di diversità? Si parla di Olimpiadi e Paralimpiadi, non è già questa una divisione di fatto? 

Io che vivo la disabilità da 28 anni, penso di aver visto un’evoluzione in senso positivo. Sia dal punto di vista culturale che strutturale, pratico con le barriere architettoniche, sia dal punto di vista delle opportunità che sportivo. Quando mi sono ammalata nel 1995 di sport paralimpico non se ne parlava quasi, oggi ad esempio durante Tokyo si parlava di noi durante i telegiornali. Un passo avanti immenso, siamo in processo di evoluzione culturale che ci sta portando all’inclusione sempre maggiore. Quando andavo in Università, i primi anni, per farmi passare in sedia a rotelle, dovevano tagliare i banchi per farmi accedere all’aula, ora si ha massima inclusività con strutture di supporto in base alle problematiche. 

Nello Sport è vero che si parla di Olimpiadi e Paralimpiadi, ma penso che sia dipeso più da un problema logistico purtroppo. Io credo, probabilmente, che non si riesca ancora a gestire al meglio la diversa organizzazione dei due eventi in contemporanea. Ritengo però, che sia importantissimo oggi che veniamo visti, “A” come persone “B" come Atleti. E quindi il fatto che abbiamo o non abbiamo la disabilità deve essere un qualcosa che non riguarda la differenza tra le persone o tra gli atleti. Quello che per me è importante, è di esser vista come Atleta al pari dei miei colleghi delle discipline olimpiche. È importante che dall’esterno tutti veniamo visti come Atleti, questo è il grande passo che deve essere fatto in avanti. Visto anche gli ultimi risultati, e l’arrivo di sempre piu’ medaglie dagli atleti paralimpici, per non parlare della copertura mediatica in totale crescita verticale. 

 

- Dopo il Bronzo di Tokyo 2021 ho letto che hai un sogno fantastico nel tuo taschino della giacca, poter andare a competere nella reggia di Versailles nelle prossime Olimpiadi di Parigi 2024. Emozionata?  Come ti stai preparando per questa nuova avventura? 

È la mia quarta paralimpiade, un grande sogno se penso appunto di gareggiare alla Reggia di Versailles, meta che da sempre sogno di visitare. L’Italia si è qualificata dal mondiale del 2022, ha gia preso il pass per le Olimpiadi dove andranno i migliori 4 cavalieri. Darò il massimo per raggiungere questo grande traguardo, voglio dare tutto e piu’ di quello che posso, con obiettivo di esserci in quel 2024.

 

- 90esima edizione di Piazza di Siena, che cosa ne pensi? 

Seguo questo concorso sin da bambina, poiché lo vedevo in televisione. Una perla di competizione per il nostro Paese, ancora oggi mi emoziona tantissimo. 
E solo ora durante questa intervista, scopro che siamo gia alla 90° edizione di questa prestigiosa manifestazione equestre. 

 

- Cosa consigli dai alle aziende che oggi cercano di avvicinarsi a progetti Sociali e ad atleti paralimpici, con cui poter instaurare un rapporto di valori, partnership anche a favore dei propri dipendenti? 

Un consiglio che vorrei dare, è che sarebbe molto produttivo poter istaurare un dialogo aperto con gli atleti paralimpici, che sono la dimostrazione del fatto che gli ostacoli possono essere superati, i limiti che sembravano assoluti sono di fatto degli ostacoli superabili, il fatto che possiamo cadere e dobbiamo trovare la forza di rialzarci. Ma sopratutto la dimostrazione di poter trovare una forza di volontà interiore che non sapevamo di possedere. Il racconto delle storie degli Atleti paralimpici potrebbe essere molto utile anche dal punto di vista Aziendale, possono tramutarsi in un volano di positività che motiva i dipendenti al raggiungimento di progetti molto difficili, puntando anche sullo spirito di squadra come avviene nello Sport.   

 

- So che hai avuto l’onore di incontrare Papa Francesco, momento importante, non per un discorso di fede ma molto piu’ umano. Come ti sei sentita? 

Ho incontrato Papa Francesco prima di partire per le Paralimpiadi del 2016, è stata una emozione molto forte, ed una delle cose che mi ha colpito di più in assoluto è stato vedere questi bambini con disabilità che erano venuti appositamente per  osservare Papa Francesco, e in particolare mi ha colpito la scena di questo bambino che ha chiesto di poter salire sul palco per abbracciare il Santo Padre, che ha mostrato tutta la sua umanità. È stato un momento spontaneo molto forte, come fosse un papà. Trasmette con la sua semplicità un immenso vero senso di umanità. Quando ha messo la mano in testa a quel bimbo, è stato un gesto di grande amore, puro.

 

- Quanto è stata importante per te la tua famiglia nella tua vita? Quanto lo è oggi? 

La mia famiglia di origine e la mia attuale è fondamentale, da sempre. Ho la fortuna di avere tre fratelli e due sorelle, che amo tantissimo, e la fortuna di aver due genitori che mi hanno reso quella che sono oggi, donandomi valori di vita veri, certi, caparbietà ed il senso della vita che va conquistata con passione e determinazione. 

Anche durante la mia malattia, sono stati due genitori presenti, senza mai limitarmi, presenti anche se non vicino a volte, ma sempre attenti ed al mio fianco lasciandomi i miei spazi nelle mie scelte. 

Mio marito è il tutto, ci conosciamo da quando io avevo 15 anni e lui 19, una vita assieme. Lui ha fatto l’accademia militare, ed anche con la distanza e nella difficoltà è sempre stato presente e mi ha dato la forza di cui avevo bisogno. Anche nella malattia mi ha sempre amato, ed ha sempre e solo visto Sara, senza mai dubitare. 

So che su tutti loro posso sempre contare. 

 

- Quale è l’emozione più infinita che hai mai provato? 

Il Matrimonio, indubbiamente, l’emozione più grande, quello che ho sempre sognato sin da bambina. Rivedo ancora oggi le nostre foto e mi perdo tra le emozioni.  Poi logicamente le emozioni sono rappresentate anche dalle medaglie vinte, l’università, e le persone che mi hanno da sempre seguito e supportato come la squadra, i tecnici e tanti altri. 

 

TI ringrazio Sara, passare questo tempo come te, tra i tuoi racconti ha un valore immenso. 

Grazie per la condivisione, le emozioni che ci hai donato. 

Pronti a fare il tifo per te, ti volgiamo vedere in Francia con il tuo sorriso! 

 

Andrea Cicini