La Premiata Ditta dei Fratelli Dionisi

Portano lo stesso cognome, operano nello stesso ramo: il calcio. Di chi parliamo? Matteo e Federico Dionisi, reatini doc. Pardon: di Cantalice, paese incastonato nel massiccio del Terminillo. Due gioielli sportivi di un territorio che forgia talenti nelle più disparate discipline. Uno, bomber del Frosinone alla ricerca del ritorno in A; l’altro perno della difesa del Rieti che quest’anno ha ritrovato il calcio che conta, la Serie C. Due storie che nascono nello stesso punto, Cantalice, e poi si dividono per intraprendere percorsi diversi ma affini. Accomunati dall’amore per il calcio e da un talento made in Rieti che non ha eguali.

CHE STAGIONE
“È stata una stagione un po’ particolare – dice Matteo, classe 1985, difensore amarantoceleste che ha celebrato a fine aprile la vittoria in Serie D, girone G - dal punto di vista calcistico una gioia grande: vincere il campionato a Rieti è qualcosa di davvero bello. Ma umanamente l’annata è stata difficile…”. Sì, perché Matteo e Federico a ottobre 2017 hanno perso mamma Nadia, a soli 52 anni. “Una stagione non come tutte le altre per le difficoltà familiari - aggiunge Federico, in A con il Frosinone nella stagione 2015-2016 e quest’anno perno dell’attacco in B per i ciociari - le ripercussioni ci sono state sul campo: a certi livelli quando, non sei al 100% con la testa le prestazioni sono altalenanti. Comunque sono riuscito ad arrivare in doppia cifra (10 gol, ndr): era l’obiettivo minimo” replica Federico. Le soddisfazioni sportive, però, aiutano a rialzarsi: mentre Federico cerca il ritorno in A dopo il secondo posto a pari merito in B col Parma (promosso perché favorito negli scontri diretti), Matteo si gode un primato che a Rieti nessuno può vantare: l’aver riportato per due volte, nel 2005 e nel 2018, il Rieti tra i professionisti. “Mi riempie di orgoglio questa cosa – sorride - Ringrazio presidente e direttore del club: tornare qui e coronare il sogno come avevo fatto a 20 anni è stupendo”.

RADICI
Dici fratelli Dionisi e dici Cantalice. “E dici tutto – ribatte Federico, classe 1987 - infanzia, casa, famiglia. Lì ci sono tutti gli amici. Mi si riempie il cuore quando ne parlo. Sono molto legato al territorio reatino”. Sembra di sentirli parlare in coro i due fratelli-giocatori: “Cantalice è casa mia, qui sono nato, cresciuto e ho tirato i primi calci a un pallone, qui ho i miei amici” aggiunge Matteo, che fino a 18 anni ha vissuto appieno il suo paese, per poi iniziare a girare l’Italia. E nel nord-est della Penisola è un riferimento, grazie ai titoli di Serie D vinti (due a Rieti, poi Padova e Pordenone, in cui ha vinto anche lo scudetto dilettanti). Ma quale delle esperienze lo avrà segnato? “Nel cuore mi è rimasta di più Padova – afferma Matteo - Una piazza particolare, con così tanti tifosi, rimane impressa. È una fortuna giocare con medie di 5000 spettatori a gara”. L’attaccante, ora ai gialloblù, invece, ha giocato anche in Portogallo: “Ogni esperienza, ogni città ti lascia qualcosa – aggiunge Federico – È importante vedere posti come Olhão. Anche Livorno mi ha fatto crescere, lì ho vissuto esperienze belle (la promozione in A, ndr) e drammatiche, come la morte di Piermario (Morosini, in campo all’Adriatico, ndr). Ma penso anche a Monterotondo e Celano. Ognuna mi ha lasciato tanto nel cuore. Ho amici ovunque abbia: una delle mie vittorie, aver lasciato il segno in ogni città. Aver preso tanto e lasciato qualcosa”.

FRATELLANZA
La curiosità viene spontanea: quale è il rapporto con un fratello che fa lo stesso mestiere, pur in un altro luogo? “Ognuno ha fatto la sua strada – dice Federico, in campo con la maglia numero 18 – io magari sono stato più fortunato e Matteo ha avuto più difficoltà, ma ovunque ci siamo tolti delle soddisfazioni. Sia io che lui dobbiamo essere orgogliosi di quanto fatto, facciamo e faremo. Dobbiamo continuare su questa strada. Siamo due fratelli che magari si sentono poco, a volte non ne abbiamo la necessità: ma ci siamo sempre. Sappiamo di essere il riferimento l’uno dell’altro”. “Il rapporto con Fede? È bello – aggiunge Matteo - quando eravamo piccoli, lo ammetto, c’era qualche prepotenza reciproca, come accade tra fratelli. Ma ora siamo cresciuti, abbiamo due bellissime bambine. Quando stiamo insieme di calcio se ne parla, sì, ma poco. Consigli? Non mi sento di dargliene, è giusto che faccia la sua carriera così come l’ha fatta finora…”.

CON LA VALIGIA
Per quanto patinata e ricca di soddisfazione, la vita dei calciatori non è facile. Soprattutto per due uomini legatissimi al loro territorio. “Ho avuto la fortuna di avere il sostegno costante della mia compagna Claudia – conclude Matteo, che ama giocare con il 23 sulle spalle - Lei e mia figlia Selvaggia mi sopportano e supportano in tutto, mi appoggiano in qualsiasi decisione. Quella del calciatore è una vita da nomade. Ho girato l’Italia, sempre con le valige pronte”. “L’ importante è l’equilibro, dare priorità alle cose che contano – conclude Federico, che molto del suo tempo libero lo dedica alla sua scuola calcio fondata a Cantalice, dove tantissimi bambini giocano avendo il bomber da esempio – Conta come passi il tuo tempo con amici, affetti e famiglia e non quanto, anche fossero poche ore”.