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Marco Mazzocchi. “Vivo con leggerezza”

Il volto di Novantesimo minuto racconta vissuti emozionanti e divertenti. Ma un episodio, in particolare, gli ha cambiato radicalmente la vita…

di Valeria Barbarossa

Marco la tua passione per lo sport è nata in famiglia…
La passione per lo sport raccontato è nata molto presto. Certamente anche grazie a mio padre perché è un giornalista sportivo ora in pensione. Ma quando ero ragazzino e giocavo a pallone con i miei amici, facevo continuamente la telecronaca. Anche a scuola mi piaceva leggere da telegiornale.
Si può dire per quale squadra tifavi?
Per la Roma. Chiunque faccia la mia professione, inevitabilmente, ha una squadra del cuore. Tutti si avvicinano al calcio per questo motivo e chi dice il contrario, mente.
La tua prima volta in TV?
Con mio padre quando conduceva SPQR, una trasmissione sportiva. Aveva bisogno di ragazzini che facessero domande agli ospiti. L’esordio in RAI, invece, risale all’inizio del 1988 e mi occupavo di tennis.
Hai condotto i Mondiali di Nuoto, le Olimpiadi, il Tour de France... Al primo posto mettiamo il calcio e al secondo?
Il rugby, perché l’ho praticato da ragazzino e poi il ciclismo.
Parlando di eventi sportivi, qual è stato il momento più emozionante?
Dopo la vittoria del mondiale 2006 sono dovuto rientrare immediatamente a Roma per seguire tutta la diretta. Il pullman che portava i giocatori al Circo Massimo era in ritardo per il traffico in tilt, e così, l’allora sindaco Veltroni, vedendo che la piazza fremeva, mi chiese di intrattenere la gente. Davanti a quella folla, sono salito su palco con la salivazione azzerata, non sapevo che dire… dopo un attimo di panico, intonai: pooo po po po po pooo pooo e, a seguire, l’inno d’Italia. Credimi, un momento di grandissima emozione. In quel momento ho compreso il potere dei media perché se avessi urlato: Spogliamoci tutti, sono certo che lo avrebbero fatto. Quell’esperienza mi ha insegnato ad essere più responsabile nei riguardi del pubblico.
Il momento più deludente?
Il momento che più mi ha scioccato fu al Giro d’Italia quando a Madonna di Campiglio fermarono Pantani. Era un campione: tutti noi stiamo ancora cercando di capire che cosa successe quel giorno. Il momento più deludente, invece, fu l’eliminazione dai mondiali del 2010 dove, da campioni del mondo, uscimmo al primo turno.
Com’è cambiato il calcio rispetto agli anni ’70 e ‘80?
Mio padre mi portava nei ritiri e negli spogliatoi. C’era un rapporto molto più sincero e umano con i giocatori e le società. Il business ha raffreddato tutto. Adesso di alcune società non potrai mai avere un’intervista se non pagando o chiedendo autorizzazione mesi prima a causa dell’esclusiva che hanno le Pay Tv. Questo meccanismo ha spersonalizzato il racconto sotto il profilo umano.
Che cosa pensi della situazione della Lazio?
C’è stato un periodo in cui alcuni capi tifosi avevano un potere che non era giusto che avessero. Nel momento in cui un tifoso condiziona la società, qualunque essa sia, il proprietario del club ha il diritto di contestarlo. Che poi lo faccia nella maniera giusta o sbagliata è un altro discorso. La tifoseria laziale vuole i risultati ma negli ultimi 10 anni ha vinto più della Roma. Comunque Lotito ha fatto in modo che la società non fallisse e al momento non vedo acquirenti. Hanno vinto la Coppa Italia, battuto la Roma in finale Coppa Italia... alla fine è collocata in classifica dove è giusto che sia. Se poi la tifoseria vuole disertare, ok.
Vedere uno stadio vuoto però non è bello.
Sì ma tanto la partita se la guardano in TV. Il tifoso che si lamenta non è che poi non la vede. Nel momento in cui paghi l’abbonamento alla Pay Tv, i soldi nelle tasche delle società entrano comunque.
Raccontami della tua esperienza sul K2?
Fui contattato, per caso, da Daniele Nardi, alpinista italiano responsabile della spedizione sul K2. Volevano un servizio ma mi proposi di andare direttamente con loro per documentare il viaggio. Premetto che non amo la montagna, quindi ritrovarmi a 5000 mt di altitudine, non è stato affatto semplice. Fu un’esperienza dura ed indimenticabile, soprattutto perché uno dei 4 ragazzi non tornò indietro. Uno shock. Ripenso tutti i giorni a Stefano Zavka. Lo intervistai prima della salita e gli chiesi: “Non hai paura? Sai che, statisticamente, 1 su 4 non torna e voi siete 4?”. Lui mi rispose: “Hai ragione, ma rischio per realizzare il mio sogno più grande”. Lui in vetta è arrivato. Quindi pensare che sia morto avendo realizzato il suo sogno mi solleva. Quell’esperienza mi ha arricchito. Ora ho una visione della vita estremamente più leggera e mi pongo davanti al quotidiano in maniera totalmente differente.
Pronostici per le Olimpiadi?
Spero tantissimo in Federica Pellegrini. Non sarà facile perché la concorrenza è tosta ma le voglio bene e le auguro di arrivare a medaglia. Vale lo stesso per Tania Cagnotto. Lo sport, come l’Italia, non se la sta passando bene nonostante i tanti sforzi del Coni. Sarà un’Olimpiade molto complicata.
Che sport pratichi?
Nuoto molto e gioco a calciotto. Ho comprato la bicicletta ma ancora non l’ho usata.
Che cosa pensi della candidatura di Roma 2024?
Sono favorevole. Al nostro paese bisogna dare delle prospettive. Roma è stata abbandonata e questa potrebbe l’occasione per rilanciare la nostra meravigliosa città.