CARO PIERLUIGI COLLINA TI SCRIVO...

Una stagione di Champions da dimenticare per gli arbitri. Troppi errori hanno finito per condizionare in qualche modo anche la finale...e solo ora finalmente si comincia a parlare di Var

A cura di Eugenio De Paoli

Caro Pierluigi Collina,
la domanda che molti si pongono al termine di questa scellerata stagione di Champions League è cosa ne pensa lei su quanto successo almeno nelle due semifinali dal punto di vista arbitrale.
Sarebbe importante sapere il parere non solo del Presidente della Commissione Arbitri della Fifa, incarico che lei ricopre dal gennaio 2017, ma anche da ex uomo di campo, miglior arbitro del mondo dal 1998 al 2003.
Forse è troppo chiederglielo ma immaginiamo che un conto sia una presa di posizione istituzionale, come compete al suo ruolo, un conto quella che deriva dalla sua enorme esperienza sul campo.
Coinciderebbero?
Forse non lo sapremo mai ma ci teniamo il beneficio del dubbio.
Credo che un discorso onesto debba partire sempre dal concetto della buonafede.
Se si pensasse il contrario allora sarebbe meglio lasciar perdere, non varrebbe nemmeno la pena andare allo stadio e dedicarsi ad altro.
Quindi lascerei perdere qui buonafede o malafede.
Possiamo parlare di sudditanza psicologica?
Sa meglio di me che se così fosse la figura dell’arbitro, per definizione super partes, sarebbe in partenza  dimezzata.
Ma almeno su questo punto mi conceda il beneficio del dubbio. Qui non si vuole dar adito a sospetti su presunte “pressioni” di squadre più blasonate o di federazioni più potenti.
Ma come vogliamo allora giudicare l’operato di Damir Skomina che ha diretto Roma- Liverpool?
E come definirebbe lei l’arbitraggio di Real Madrid – Bayern Monaco, di tale Cakir?
Che significa, sempre secondo lei, se tutta la stampa specializzata italiana e gran parte di quella europea, ha scritto dipartite penalizzate dagli arbitri?
Persino l’ autorevole Bild e il  Daily Mail, solo per citarne due, hanno parlato nel caso specifico di Roma e Bayern penalizzate dagli arbitri.
Al punto che molti sostengono che la vera finale, per quello che si è visto sul campo, avrebbe dovuto essere Roma – Bayern e non Real Madrid – Liverpool.
Esagerazioni?
Certo manca la controprova, nessuno può onestamente dimostrare che senza quegli errori il Real e il Liverpool  magari sarebbero passate lo stesso.
Ma certo ora potremmo parlare di una meritata finale. I dubbi creano sospetti e i sospetti portano lontano e minano la credibilità del mondo del  calcio, mettono in dubbio persino il sacro principio della “lealtà sportiva”.
Pericoli che immaginiamo lei rifugga come tutti quelli che amano questo sport.
Ma perché gli arbitri sbagliano. La risposta più naturale è che sono esseri umani e come tali possono sbagliare.
Vero, ma se andiamo ad analizzare alcuni di questi sbagli ci chiediamo se fossero davvero inevitabili.
Partiamo dal fallo di mano di Marcelo (clamoroso) in Real Madrid - Bayern e di quello di Arnold in Roma – Liverpool ( altrettanto clamoroso).
Diciamo che l’arbitro non vede, ma ci potrebbe gentilmente spiegare cosa ci stanno a fare gli arbitri di porta?
Qual è il loro ruolo, quali sono le funzioni che vengono  loro attribuite.
Perché delle due l’una: o hanno un senso oppure lasciateli a casa. Diverso il discorso sui fuorigioco.
Qui si apre un mondo. La posizione di Dzeko era regolare e essendo regolare c’era il fallo da rigore e  contestualmente anche l’’espulsione.
Chissà cosa ne pensa lei ma immagino che la partita avrebbe preso un senso diverso.
Certo che a velocità normale non è facile vedere se il fuorigioco c’era o non c’era ma anche qui due considerazioni.
La prima: non si è sempre detto che nel dubbio va privilegiato l’attaccante?
Seconda considerazione: cos’altro serve, di quanti errori ancora dovremmo parlare prima che si modifichi questa assurda regola del fuorigioco che si decide sui millimetri, nemmeno centimetri, millimetri.
Cosa bisogna aspettare perché si metta mano a questa regola assurda e non si torni a parlare di fuorigioco quando c’è “luce” tra il difensore e l’attaccante.
Ma è davvero così difficile?
Anche qui, caro Collina, non si fa altro che dar voce ai maligni che sostengono la teoria secondo cui togliere discrezionalità significherebbe togliere potere.
Difficile e troppo delicato entrare nel merito ma l’unica cosa certa è che continuando così chi ci andrà sempre di mezzo saranno le terne arbitrali.
Credo non convenga a nessuno.
Certo oggi c’’è la Var.
E qui entriamo a gamba tesa sul tema più scottante proprio alla luce degli ultimi accadimenti.
La Var non è un mezzo perfetto ma perfettibile, non è lo strumento che corregge o toglie tutti i mali del calcio, ma la sperimentazione ha dimostrato che ne cura parecchi.
E’ stata giudicata talmente valida che sarà introdotta anche nei prossimi mondiali in Russia.
Ma nella massima competizione europea per club ancora si discute se si o no.
Ma a lei sembra normale?
Perché dall’alto del suo ruolo, della sua competenza e della sua esperienza non si fa portavoce dell’esigenza di adottarla in tutte le competizioni?
Pensi a quanto è successo quest’anno non solo nelle due semifinali di quest’anno ma anche a Juventus – Bayern di due anni fa o della ancora più clamorosa e fantasmagorica Barcellona – Psg dello scorso anno.
La Var avrebbe anche potuto togliere i dubbi su quel rigore all’ultimo secondo di Real -Juve di quest’anno.
No stiamo qui a discutere se ci fosse oppure no ma anche in questo caso l’intervento della tecnologia avrebbe evitato le code polemiche (usiamo un eufemismo per amor di patria) che hanno accompagnato quel finale di partita.
Credo sia arrivato il momento per lei e per tutti gli interessati, FIFA e UEFA, di fermarsi e fare il punto della situazione.
Gli errori servono per imparare e imparare è utile per correggere.
In gioco non ci sono solo società di calcio e federazione, ma milioni di tifosi che con passione tifano per le loro squadre e per i propri beniamini.
E’ un patrimonio enorme, si tratta di intere generazioni che vanno rispettate e salvaguardate.
Il 9 giugno del 2005 lei arbitrò la partita di addio al calcio di Ciro Ferrara al San Paolo di Napoli.
Quando entrò in campo Diego Armando Maradona che mancava da 14 anni da Napoli, lei prese in mano il microfono e disse:” Io Pierluigi Collina sono un arbitro eppure l’affetto dei tifosi per quest’uomo mi fa venire la pelle d’oca”.
Se fosse stato allo stadio Olimpico di Roma il giorno della semifinale di ritorno col Liverpool probabilmente avrebbe provato lo stesso brivido.
Ma chissà quanti altri in cuor suo ne avrà provati nella sua lunga carriera, magari non dichiarati o dichiarabili.
L’augurio è che continui a provarli ancora tanti perché alla fine il brivido è sintomo di passione, e passione e tifo sono il motore dello sport.
Il faro verso cui dirigersi aldilà e oltre gli interessi miliardari che girano attorno al mondo del pallone.
Perché tutti si possa continuare a credere in uno sport pulito.
  Con stima