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lo streaming dal buco della serratura

Da anni ormai seguire eventi sportivi in TV è diventato sempre più comodo. Gli orari sono stati spalmati in maniera totale, la qualità dei servizi TV incrementata, i modi per far vivere un’esperienza immersiva degli spettatori sempre più avanzati.
Siamo passati da periodi di monopolio in cui l’evento sportivo diventava fruibile più per cronaca che per business, allo stato attuale in cui la questione diritti Tv diventa, per uno sport più che per l’altro, spesso ragione di dissidio tra i team dello sport in questione.
Questa evoluzione che tipo di impatto ha avuto? Enorme, se si parte da una considerazione di base, che è però fondamentale per comprendere ciò di cui parliamo.
Nell’epoca in cui, siamo negli anni ’80, ad esempio prendiamo lo sport più diffuso a livello globale, ossia il calcio, la trasmissione di partite era più un fatto legato alla cronaca che al business, le società sportive vivevano principalmente degli introiti generati negli stadi. Le cifre degli incassi, che nelle partite cosiddette di cartello erano dei record che da una squadra all’altra erano vissuti quasi come delle piccole vittorie sul rivale di sempre, erano fondamentali per far quadrare i conti alla fine della stagione, nonché per impostare le campagne degli anni successivi. E questo non era solo valido per il calcio. Se prendiamo la Formula uno, ad esempio, avevamo si un’aggiudicazione dei diritti TV, la quale in assenza del privato era sempre in mano al pubblico o comunque a operatori in numero limitato, ma il grosso del fatturato era realizzato tanto se non soprattutto delle sponsorizzazioni delle auto, se non dei piloti che pagavano per avere un volante.
Altri casi mediativi attuali, prendiamo ad esempio la Ryder Cup di Golf, terzo evento mediatico al mondo per numero di spettatori, non era nemmeno lontanamente ciò che è oggi, appunto un fenomeno in crescita esplosiva costante. E non parliamo di basket, se non la NBA USA, e non è una caso che proprio oltre Oceano fosse già un oggetto di business particolarmente ambito.
Come questi eventi sono diventati ciò che sono? Come si è arrivati a Campionati di Calcio che diventano sempre più ricchi da un lato ma, soprattutto, sempre più spaccati nel dividere ricchi da meno ricchi? Oppure: come si spiega che il Golf, nella sua versione Europa contro USA, diventi un evento capace di catalizzare l’attenzione di milioni, centinaia di milioni, miliardi di persone per quattro giorni? Un’unica risposta è alla base del cambio di passo, per passare da cronaca a business. Il peso della TV, della possibilità per cui il business di questi eventi sportivi è proceduto d pari passo con il modificarsi della TV stessa. L’avvento delle TV commerciali è diventato lo spartiacque per passare da introiti basati sui biglietti o sulle sponsorizzazioni a ciò che è oggi. In cui, qualsiasi sia lo sport di cui si parla, i team siedano a tavoli che sono, come detto, sempre più caldi, a volte litigiosi, proprio perché gli interessi sono cresciuti in maniera esponenziale.
Ebbene, questo è il business della comunicazione, ma è anche ciò che sta alla base di ciò che ci fa appassionare in maniera sempre più calda. Alzi la mano chi non ha sperato che una campagna acquisti del proprio team del cuore diventi ogni anno sempre più spettacolare. Diciamolo: negli ultimi anni il divario, come ormai si dice quasi con un luogo comune, tra alcuni team e altri si è acuito. Si cerca, con il tetto ingaggi in alcuni sport, con il fairplay finanziario in altri, di poter riequilibrare la situazione, ma concretamente, che impatto ha tutto ciò?
Ci ritorniamo con dei rapidi esempi più avanti.
Ciò che abbiamo descritto ha avuto anche un impatto deciso sulle abitudini di fruizione degli eventi sportivi.
Siamo passati da eventi sportivi anche un po’ centellinati sul video delle nostre Tv a un’invasione, in qualsiasi giorno ed orario, di offerta sempre più completa. Piazzarsi davanti allo schermo di casa permette di poter fruire, praticamente h24, di calcio, basket, Formula 1, MotoGP, Golf e chi più ne ha più ne metta. Sono meno le ore a disposizione per godere di tali palinsesti così completi che l’offerta stessa. Questo ci ha portato, certamente, a voler sempre di più. Con la macchina del business della trasmissione di eventi sportivi che è diventato un gigante capace di dettare le regole a chi, dell’evento stesso, dovrebbe essere il protagonista. Ricorderemo, per esempio, come la finale del Mondiale di calcio USA ’94 fu giocata in condizioni al limite: 40°, caldo umido che spezzò le gambe a chi fu protagonista in campo. Giocare elle 13, ora locale, come fu fatto era dettato dal fatto che la Tv doveva poter garantire accesso al maggior numero di telespettatori possibile. Con buona pace dei giocatori, al limite fisico delle loro possibilità, e degli spettatori, cotti al sole californiano.
E così ormai siamo abituati a vedere Gran Premi di Formula 1 in notturna, o in posti che si faticava, anni fa, a trovare su un mappamondo. E ancora: partite di calcio alle 12:30, alle 18, il sabato, il lunedì, la domenica. Insomma, quando si vuole.
Siamo bombardati ma in realtà siamo viziati da questa offerta, che ha incrociato la domanda di una maggiore spettacolarizzazione in TV di eventi sportivi che passano in secondo piano nel luogo di elezione dell’evento stesso: le tribune.
Ebbene, tutto ciò ha un rovescio della medaglia. Come in molti ambiti, che già dalle colonne di questo magazine abbiamo toccato nei numeri precedenti, a un business legale ne corrisponde uno illegale simile se non uguale. Uguale e contrario.
E’ sempre più sofisticato il settore della ritrasmissione sulla rete internet di eventi sportivi televisivi. Come avviene? In maniera via via perfezionata e, grazie al miglioramento consistente delle reti di comunicazione, la banda larga per intenderci, con un’accelerazione costante. Se con i diritti TV leciti si fanno dei gran bei fatturati ebbene non si pensi che sono da meno i pirati digitali del settore. Procediamo con ordine: come si concretizza la pirateria digitale di eventi sportivi? Le parole d’ordine sono streaming e Linking Site come spiega Luca Vespignani, l’AD di DcP (Digital Content Protection), società di Milano specializzata da anni nel contrasto alla pirateria, e non solo video, soprattutto attraverso canali online. “I linking site seguono un modello semplice quanto ramificato. Un soggetto, detto in gergo “originatore”, mette a disposizione un contenuto video, spesso un decoder con una trasmissione fruibile attraverso la sua scheda abbonamento. Ne rende disponibile la visione inserendo un link in un sito che ospita solo link, appunto detto linking site, e che poi servirà, quindi, per diffondere illegalmente il contenuto di quella trasmissione a chi deciderà di fare click su quel collegamento”.
E’ un modello semplice nella sua descrizione, un po’, ma non tanto, più complesso in come concretamente si ramifica. Abbiamo, quindi, un sito di link, come dice Vespignani. Il Link è al singolo evento, ma molti link vanno ad altrettanti eventi diversi. Così alla fine abbiamo, facile immaginarlo, linking sites contenitore, che permettono di scegliere anche link diversi per lo stesso evento, che nei casi di maggiore volume si riferiscono a eventi pressoché di ogni sport e di ogni latitudine. I più noti casi offrono, così, illegali ridiffusioni di march di calcio, ad esempio, dei principali Paesi. Ma ci sono anche basket, football, baseball, Formula 1 e chi più ne ha più ne metta.
E’ una sorta di politica di moderni Robin Hood cibernetici? Sono in realtà questi signori dei benefattori, che vogliono democratizzare la possibilità di assistere a eventi criptati? Ebbene, no, come facile immaginare.
Dietro c’è del business, criminale, come ci dice sempre Vespignani. “I linking site vivono di pubblicità nella migliore delle ipotesi. Ossia: un sito pirata di diffusione di contenuti video illegali sportivi ha una quantità di banner, pop-up e altre forme di pubblicità enormemente superiore a un sito legale. Ossia: se in un sito legale vedo un banner e forse mi si apre un pop-up, sui linking site sarò costretto a subire un bombardamento di advertising enorme, fastidioso, quando non decisamente invasivo”.
La situazione che Luca ci descrive è certamente la prassi, non un caso limite. E la pubblicità su questi siti spesso è anche un veicolo per diffondere ulteriori contenuti privi di molti scrupoli e ovviamente lontani anni luce da un benché minimo accenno di responsabilità.
Ma la qualità dei video? Occorre dire che anche in questo caso ci sono stati progressi dovuti alla tecnologia, che oggi rendono l’offerta di video sportivi illegali di ottimo standard in taluni casi. Soprattutto su quei siti che decidono di rendere questo il loro core business. Altri, invece, laddove la qualità è decisamente peggiore, decidono di voler seguire la politica del mordi e fuggi. Ossia: usare questi strumenti per rapide e immediate truffe, spesso infettando i computer o devices degli utenti, piuttosto che volerli fidelizzare grazie alla qualità della trasmissione.
Quindi può rivelarsi un caro prezzo voler aggirare le regole della TV attuale e andare a cercare un sito online da cui accedere, appunto, a questi siti di offerta illegale.
Abbiamo chiesto a Vespignani se si concentri l’offerta su eventi sportivi Top oppure se sia un fenomeno generalizzato. “Le piattaforme più grosse di distribuzione dei link e di streaming tendono ad avere un’offerta la più varia possibile. Assistiamo, così, a siti che trattano, ad esempio nel calcio, i principali campionati, basta scegliere le proprie preferenze.” E ancora: “Alcuni siti abbiamo verificato che, trattandosi di piccole realtà, tendono a concentrarsi su eventi Top, tipo le partite di calcio di cartello, questo per massimizzare la proprio audience e nel contempo non appesantire troppo la propria infrastruttura”. Curioso poi notare, come sempre DcP ci segnala, che anche partite minori, o piuttosto campionati di calcio minori o serie inferiori, comunque siano presenti sulla rete in maniera illegale. Insomma, un vero affare che copre tutta la possibile domanda. Si vuole una partita della Serie B portoghese ad esempio? Ebbene, ci saranno siti in lingua che metteranno a disposizione questo tipo di offerta.
Le piattaforme di streaming di cui abbiamo parlato arrivano, spesso, a violare i diritti un po’ di tutti. Campionato Spagnolo, Tedesco, Italiano, Inglese? Non c’è problema, si può accedere a tutti questi contenuti, sia nella versione originale di lingua, come molto spesso, oppure anche attraverso la ridiffusione in un’altra nazione. Questo per aumentare ancora di più il possibile bacino di “spettatori”, chiamiamoli così.
Ma questo business quanto frutta? Ovviamente un calcolo è impossibile da realizzare, dal momento in cui queste società non esistono per la legge, che però infrangono serialmente, e nemmeno pagano un Euro di imposte. Però è facile stimare, come ci fa capire Vespignani, che in vari casi si sia abbondantemente nell’ordine di milioni di Euro all’anno. Il caso inglese di “First Row Sports” non è isolato; si sa ora che la fatturazione annua di questa piattaforma ea sui 10 milioni di Euro!
L’offerta segue, come facile pensare, anche le dinamiche nazionali dello sport in questione. La Ferrari in Formula 1 va male? Calano gli utenti di questo tipo di evento sportivi illegale. Nei preliminari di Champions League non ci sono squadre italiane? L’offerta nel nostro Paese di partite di Champions si attiva solo dalla fase a gironi, laddove come quest’anno Juventus e Napoli partecipano. E che, quindi, i pirati si augurano possano proseguire felicemente il loro percorso! E nel caso uscissero? Beh alcuni ne patiranno, come i canali streaming destinati principalmente a utenti italiani, ma allora prolifereranno le offerte negli altri Paesi.
Che evoluzione sta avendo questo fenomeno? “Assistiamo negli ultimi tempi a streaming live sui canali social – continua Vespignani – quindi a eventi che iniziano ad essere trasmessi su Facebook, come in altri casi canali YouTube che vengono dedicati allo streaming illegale. Sono i primi arrivi destinati, certamente, a incrementare nel numero e nell’offerta, seguendo esattamente l’evoluzione di fruizione di questi strumenti”.
Il contrasto è, come già avevamo spiegato alcuni numeri orsono, complicato quando non inefficace per via delle norme e della natura stessa del business online. Quindi accade spesso che questi operatori di siti illegali vadano a sfruttare queste situazioni che di fatto li rendono impunibili. I server su cui ospitano le loro piattaforme sono, quindi, in Paesi che gestiscono con ancora minor efficacia il contrasto agli illeciti online, dando quindi ampio agio a questi moderni pirati per proseguire a raccogliere introiti illegali, a scapito certamente delle TV che gestiscono i diritti, dei protagonisti delle sfide sportive e anche di quegli utenti, e non sono pochi, che come abbiamo visto precedentemente, subiscono danni per virus, malware e altre amenità che vengono scaricate sui loro devices quando credono di accedere a un contenuto che, in fondo, è solo una piccola forma di violazione.
Avevamo accennato, agli inizi dell’articolo, a come questo fenomeno in espansione non sia, in realtà, un piccolo illecito dagli effetti limitati.
I diritti Tv degli eventi sportivi, come detto, sono oggi spesso la principale fonte di fatturato per le squadre, di qualsiasi sport stiamo parlando. Pensiamo all’Italia e al solo calcio: dai 3 miliardi di vecchie lire del 1981, anno in cui si gestiscono i primi embrionali diritti TV, con accordo tra Lega e Rai, in realtà per estromettere le TV private dagli Stadi, si arriva al miliardo e cento milioni (e spiccioli) di Euro dell’ultimo accordo, con ripartizione tra Sky e Mediaset dei diritti. Ebbene, questa è la più grossa voce di introiti per i Club di Serie A, ripartiti in base a uno schema che, è cronaca, spesso porta le società a spaccarsi su due fronti, quando non a litigare e nemmeno troppo celatamente.
Ecco, questo monte di denaro serve a costruire gran parte delle campagne acquisti dei suddetti Club. Quindi è facile pensare che il campionato Italiano, già a corto di risorse per far competere le sue squadre in Europa, se volessimo proseguire su una strada che intensifichi l’aumento di offerta illegale, si svuoterebbe ancor più di importanza. E quanto i diritti Tv siano fondamentali e, quindi, in qualche modo quanto l’offerta legale vada difesa, lo dimostra il caso Inglese. Nel prossimo triennio i Club inglesi si spartiranno, per le sole trasmissioni in patria, una torta doppia rispetto ai club italiani, per di più con un fattore differenziali tra il Club che percepisce più fondi e l’ultimo di 1,5. In Italia questo fattore è di oltre 4,5.
Ma questo non deve farci deviare da un’altra considerazione su quanto siano cruciali i diritti TV nello strapotere del calcio che un Paese, a quel punto, può andare a dimostrare poi sul campo. La torta doppia che gli inglesi si spartiscono significa, con un calcolo forse approssimativo ma molto verosimile, che lo stesso giocatore per un team Inglese costa la metà. Quindi è come dire che Higuain, passato quest’anno alla Juventus per la cifra record di 90 milioni, in Inghilterra sarebbe equivalso a una passaggio per 45 milioni. Ecco perché, non c’è più da stupirsi, gli acquisti inglesi dominano la scena Europea.
E anche di come sia fondamentale, allora, difendere ancora una volta l’offerta legale, ossia di non andare ad alimentare un sistema che arricchisce pochi, i pirati, e impoverisce sia chi rischia sia chi alla fine si troverà anche in un mercato meno attraetene per le TV. Perché, ben inteso, la pirateria esiste anche in Inghilterra, ma è tale e tanto ampio lo scenario legale di cui quel sistema calcio può godere che può comunque permettere agli operatori media legali di porre sul piatto cifre inarrivabili.
Vogliamo continuare a sperare, quindi, che anche il nostro sistema sportivo possa beneficiare di un futuro in grado di farci gioire da tifosi con maggiore frequenza? Vogliamo permettere al business oggi dominante nello sport, ossia la Tv, di esprimere ancora maggiore potenziale nel nostro Paese? Ebbene allora riflettiamo di più prima di cedere alle lusinghe dell’offerta digitale illegale di contenuti TV. Non ci sono Robin Hood che rubano a pochi per dare a molti, ma sono i pochi che si arricchiscono ai danni dei molti tifosi che siamo. Se, in un futuro assurdo ma nemmeno irreale del tutto, fossimo tutti tifosi online id offerte streaming illegali apparentemente a costo zero, pensiamo davvero che le Tv continuerebbero a versare miliardi a chi dello sport è protagonista? Davvero lo crediamo?