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Un libro a canestro

Un’iniziativa di utilità sociale dell’Eurobasket rivolta alle scuole elementari della capitale

Di Fabio Sieni

Lo sport e la cultura. Due mondi considerati distanti, antagonisti, come se uno escludesse l’altro, quasi a dover scegliere e a rinunciare a uno dei due. Niente di più sbagliato. Solo secondo un modo di pensare ormai antico e superato lo sport e la cultura non possono intrecciarsi, fondersi, supportarsi, viaggiare di pari passo. Le cose per fortuna cambiano e spesso in meglio, grazie anche a chi crede fortemente nel connubio e quotidianamente lavora e si impegna per alimentarlo con iniziative, proposte e entusiasmo che non devono mai mancare. E’ il caso di “Un libro a canestro”, il progetto di utilità sociale dell’Eurobasket Roma che unisce libri e pallacanestro rivolto alle scuole elementari della capitale. Partito il 18 dicembre dal plesso scolastico “Mahatma Ghandi” del quartiere San Basilio, “Un libro a canestro” ha fatto tappa in diversi istituti della città, soprattutto quelli periferici. La lettura di testi dedicati al basket, semplici, divertenti e di volta in volta diversi, ha catturato l’attenzione di tantissimi bambini che si sono mostrati curiosi e interessati. Alcuni erano piccoli giocatori, altri sapevano poco della palla a spicchi, altri ancora si sono scoperti appassionati. Tutti comunque partecipi e coinvolti. L’ideatore del progetto è Giacomo Esposito, direttore operativo dell’Eurobasket, che con fantasia e inventiva ha voluto trasmettere ai bambini i sani valori dello sport e della pallacanestro in particolare. I consensi degli addetti ai lavori, degli amanti del basket, delle maestre, il sorriso ingenuo e sincero dei ragazzini lo hanno ripagato dell'impegno e della fatica. "È stata una bella esperienza. I bambini avevano fame di conoscere e di imparare cose nuove. Mi ha fatto piacere vederli attenti quando leggevamo le pagine dei testi scelti, in particolare hanno apprezzato quelli che raccontavano la vita di atleti famosi. Volevano saperne di più, facevano domande. È stato bello".

Come nasce l'idea di "Un libro a canestro"?
Una mattina di ottobre sono stato chiamato da una scuola del mio quartiere nell’ambito del progetto “Libriamoci” promosso dal MIUR, in cui mi hanno chiesto di leggere storie di vario genere ai bambini di una quarta elementare. Ho colto l’occasione per coinvolgere l’Eurobasket Roma, società in cui svolgo il ruolo di Direttore Operativo, e abbiamo raccontato agli alunni alcuni aneddoti legati alla conquista della medaglia d’Argento da parte della nazionale di basket alle Olimpiadi di Atene 2004. Quella mattinata è stata di stimolo per creare il progetto.
Come è riuscito a metterla in pratica?
Innanzitutto grazie al supporto dell'Eurobasket e in particolare all'appoggio del presidente Armando Buonamici che ha creduto nel progetto. Non è stata da meno Radio Cusano Campus, la radio dell'Università Niccolò Cusano, emittente del Lazio molto attenta alle questioni sociali, che ha sposato l’iniziativa dando notevole visibilità a "Un libro a canestro" con collegamenti e interventi dopo ogni tappa. È stato fondamentale il sostegno dei giocatori che hanno voluto dedicare un po' del loro tempo a leggere storie e a tirare a canestro con i piccoli atleti. Ho coinvolto, poi, prestigiosi partner che hanno sposato il progetto: il Municipio di riferimento della nostra sede operativa, Roma VIII, la Federazione Italiana Pallacanestro, il Comitato Regionale Fip Lazio, la Lega Nazionale Pallacanestro, la LNP Servizi. Anche loro meritano un ringraziamento.
Undici tappe, undici scuole e tantissimi bambini. Qual è la classe che le è rimasta particolarmente nel cuore?
Tutti i bambini meriterebbero un pensiero, perché ognuno di loro ha contribuito a rendere "Un libro a canestro" così speciale. Voglio però citare una scuola che ci ha ospitati due volte: la quarta elementare dell'I. C. Pietro Maffi a Primavalle. Gli alunni ci hanno accolto con grande entusiasmo, realizzando elaborati, disegni, temi. Un bambino in particolare mi ha fatto emozionare: mi ha donato un disegno che ci ritrae insieme mentre io tengo in mano la torta che la mamma di un alunno ci ha preparato la prima volta che siamo andati a trovarli. È stata una delle esperienze più significative insieme a quella vissuta al fianco di Save the children Italia onlus che ha inserito il nostro progetto nella manifestazione “Illuminiamo il futuro” che si è tenuta a Roma dal 9 al 15 maggio scorsi nel “Punto Luce” di Torre Maura. L'iniziativa ci ha visti protagonisti con due incontri.
Qual è il messaggio che i bambini dovrebbero fare loro?
Lo sport può essere il mezzo per una vita migliore e sana perché lo sport stesso è portatore di quei principi che purtroppo stanno scomparendo dalla vita di tutti i giorni. Ho notato con gioia che i ragazzini che abbiamo incontrato hanno le idee chiare sui valori di lealtà, correttezza, collaborazione, rispetto delle regole. E ci fanno ben sperare per una società futura migliore.
Tiriamo le somme. Si aspettava il successo che ha riscosso "Un libro a canestro"?
Speravo in un risultato positivo ma le aspettative sono state di gran lunga superate. Ho iniziato il progetto con tanti dubbi, mille domande e qualche timore. Poi tappa dopo tappa, consenso dopo consenso, ho capito che la strada imboccata era quella giusta. È stata una grande soddisfazione. Pochi giorni fa abbiamo avuto la prova di aver lasciato un segno nella varie scuole: ci ha fatto un enorme piacere vedere tantissimi bambini conosciuti durante i vari incontri gremire gli spalti del PalaTiziano in occasione dei playoff che ha visto l'Eurobasket protagonista. L'iniziativa ha avuto, inoltre, notevole spazio sui giornali: le hanno dedicato spazio la Gazzetta dello Sport, il Corriere dello Sport, Il Tempo, Leggo e tanti siti.
Quali orizzonti spera abbia questo progetto?
Mi piacerebbe portare questa iniziativa al di fuori dei confini cittadini. So che c’è la volontà da parte di alcuni club di serie A2 e di B di replicarla anche nelle loro città. I numerosi attestati di stima sono un continuo stimolo a fare sempre meglio. Sogno, un domani non troppo lontano, che questa iniziativa diventi una “Best Practice” a livello europeo. Difficile? Si, ma non per forza impossibile da realizzare. Da parte nostra un in bocca al lupo.