Leonardo Colavita e la Ferrari lisci come l'Olio...

I motori e le corse come ragione di vita. Trionfo nel Campionato italiano, nella Classe GT3 Am, con Simone Riccitelli e Christoph Ulrich.

A volte, un sogno che hai sin da bambino si può realizzare. E più che semplice fortuna, ci vuole grande tenacia. Diciannove anni e già una bella storia alle spalle da uomo vissuto. Leonardo Colavita, nato a Roma, dove ha abitato fino ai 3 anni nel quartiere dell'Eur, per poi trasferirsi nella Grande Mela, all'ombra della Statua della Libertà, per poi tornare a Milano, ed infine ancora negli States, questa volta a Boston, nel Massachusetts. Un giro del mondo continuo, con un comune denominatore, la sua grande passione, i Motori. A 16 anni ha esordito nell'Euro Nascar, lo scorso anno ha sfiorato la vittoria del titolo, in coppia con l'italo-svizzero Giorgio Maggi, nella GT Cup Pro Am. Ora, è uno dei piloti più talentuosi del panorama italiano e con la Ferrari 488 GT3 Evo 2020 partecipa al Campionato Gran Turismo Sprint.

Come nasce l'amore per le macchine?

"Sono figlio e nipote d'arte. Grazie a mio nonno e a mio padre ho sempre respirato il profumo delle piste da corsa. Sin da piccolo ho vissuto l'ebrezza dei circuiti Go Kart. Un attrazione irrefrenabile girare con il mio Kart, sotto gli occhi compiaciuti ed orgogliosi dei miei parenti. Se non ero in quell'impianto, ero in campagna con il trattore di mio nonno o a custodire la sua macchina d'epoca, una vecchia Innocenti Spider... Insomma, qualsiasi cosa che mi facesse stare vicino ad un carburante... "

Così giovane, tra le prove e le gare, come si svolge la tua quotidianità...

"A Boston frequento il corso di Management d'impresa. Ho sempre pronto un piano B. Come sai, la mia famiglia lavora nel settore dell'olio e negli anni il nostro cognome è diventato un riferimento per tutti gli americani che vogliono apprezzare le eccellenze tricolori. Ho sempre detto a mio padre, che ha scelto l'olio sbagliato... meglio quello dei motori"

Come sta andando la stagione agonistica?

"Veniamo da un anno molto soddisfacente. Quest'anno importanti e gratificanti risultati nella Gran Turismo dove abbiamo appena vinto il campionato italiano, un po' meno bene nello Sprint, ma c'è sempre la voglia, l'entusiasmo e la professionalità per mettere le cose nel verso giusto..."

Sentendoti parlare, sembri un Veterano del Mondo delle corse, ma hai veramente 19 anni?

"Sai, quando cresci in un mondo di veri professionisti. Un team che diventa una vera famiglia, convivi con gente adulta, ogni giorno lavori con l'obiettivo di apprendere da chi ha più esperienza il più possibile. Il risultato deve essere solo uno, migliorare il risultato della volta prima ed ottimizzare le performance della macchina. Ad un certo punto ti senti addosso talmente tante responsabilità che, gioco forza, bruci alcune tappe della tua adolescenza, per poter essere all'altezza della tua squadra. Ho un gruppo eccezionale, con il mio manager Titì Veneziani e la mia scuderia la TT Racing, che mi indicano la strada giusta sia sull'asfalto rovente, sia nella mia crescita come corridore...

Nel cassetto, quale desiderio hai messo?

"Sembrerà strano e non voglio passare per presuntuoso. Ma sin da piccolissimo la mia ambizione da pilota è solo una, vincere "Le Mans" con la Ferrari. E per questo che ogni giorno scendo in pista, per raggiungere un giorno, spero non troppo lontano, questo incredibile traguardo"

Hai praticato altri sport?

"I miei hanno sempre cercato di propormi sport alternativi. Discipline più tranquille, meno pericolose. Capisco bene la loro apprensione. Ho sciato tanto, ho fatto moto cross ed arrampicata sportiva, tutti sport che devo praticare in maniera moderata, a piccole dosi, per non rischiare infortuni. Sport di squadra mai, perché, come sanno tutti, i piloti non hanno proprio il fisico da giocatori di basket...

Frequenti gli italiani a Boston?

"Ce ne sono tanti, di seconda e terza generazione. Connozionali arrivati da poco, non tantissimi, ma comunque ho un bel gruppo di conoscenze. Ci vediamo spesso, anche per seguire da qui la mia squadra del cuore, la Roma. Sono un tifoso, non un grande conoscitore del calcio"

Per arrivare a tutto questo, hai dovuto rinunciare a qualche cosa della tua adolescenza?

"Sono consapevole di essere molto fortunato ad appartenere a questo mondo e di fare come professione, quello che mi piace di più. A dire il vero, avendo sempre fatto una vita semplice, tranquilla e regolare, non ho dovuto rinunciare a nulla. Non sono mai stato uno mondano, a cui piace la vita in discoteca, quindi svegliarmi la mattina presto non è certo un problema... "

Ti manca l'Italia e Roma...

"Chiaramente tanto. Ho tantissimi affetti nel nostro Paese. Quando torno per disputare le Tappe del Campionato italiano, cerco sempre di ritagliarmi degli spazi per vivere al meglio la mia Città. Ma poi Boston ed il dovere mi richiamano dall'altra parte dell'Oceano..."