Manuela Nicolosi, l’arbitro dai tacchetti a spillo
Passione, determinazione e voglia di cambiamento. Oggi, “Decido io!"
"Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire” scriveva l’infinita Alda Merini, anima pura che mi accompagna spesso quando respiro il tempo.
Questa intensa frase mi è tornata in mente, proprio leggendo dell'intrepida Manuela Nicolosi, che con il tatto massimo e delicatezza di un petalo di rosa, ho volutamente dipinto come “l’arbitro dai tacchetti a spillo”, metafora che evidenzia l'immagine di grande Donna determinata che anche con i suoi spillo riesce a correre su e giù per i campi da calcio internazionali, dettando in modo trasparente le regole del gioco.
E’ bello leggere di una persona che sa seguire i propri sogni, superando barriere e pregiudizi, frammentando le stesse regole del gioco, che spesso non davano accesso a chi osa volare seppure vestito di rosa.
Premiata come miglior arbitro donna in Francia ed in Italia, Manuela Nicolosi è un Arbitro internazionale dal 2010. Ha arbitrato più di 200 gare a livello professionistico ed internazionale. Vera pioniera nel settore del gioco calcio, è stata la prima italiana ad aver arbitrato una Finale della Coppa del Mondo Femminile, la Ligue 1 (Serie A maschile francese), 2 Olimpiadi (Rio e Tokyo), 3 Coppe del Mondo, 2 Europei e la prima Finalissima tra Brasile ed Inghilterra nel 2023.
Ciao Manuela, è un onore avere questo spazio con te, ma sopratutto grande piacere poter dar voce ai tuoi sogni. Che possano essere un volano di spinta e determinazione per tutte quelle persone che hanno intenzione di scendere in campo in modo inclusivo.
- Manuela, dove si radica questo grande sentimento e forza d’animo di voler far cambiare le “regole del gioco”, in particolar modo rendere il calcio ancora più inclusivo nei confronti delle donne?
Il mio desiderio di cambiare le regole del gioco nasce da una profonda passione e convinzione che il calcio, come ogni altro settore, debba essere un’opportunità aperta a chiunque, indipendentemente dal genere. Ho sempre creduto che sia le donne che gli uomini abbiano il diritto di vivere le proprie passioni e partecipare allo sport ai massimi livelli, anche in quelli ancora considerati in prevalenza riservati al sesso maschile. Quando ho iniziato ad arbitrare nei campionati di giovanissimi provinciali, eravamo pochissime ragazze, tutte rimesse in discussione sulle nostre capacità e competenze dagli attori in campo. Ho desiderato fin dall’inizio riuscire ad arrivare il più in alto possibile dove nessuna donna italiana era arrivata, proprio per cambiare le “regole del gioco” e fare in modo che il mio percorso potesse diventare un modo per abbattere pregiudizi e barriere. Credo che ogni gara arbitrata sia un piccolo passo verso un calcio più inclusivo, in cui le qualità e la preparazione valgono più di qualsiasi altra etichetta.
- Sei una grande sognatrice, ma anche molto concreta. Ho letto in una tua intervista: “Puoi decidere se sacrificare la vita dei tuoi sogni e coltivare i rimpianti o se sei pronto a prendere in mano le tue paure e a esclamare: Da oggi, decido io!” Cosa ci racconti di questo?
“Decido io!” è una frase potente, un mantra che mi ha accompagnata nei momenti di sfida e in quelli di crescita ma anche i più difficili, dove ho dovuto scegliere cosa sacrificare per continuare a lavorare sui miei sogni. Perché non puoi ottenere tutto, o almeno non tutto insieme. E quindi devi saper decidere il sentiero da seguire in base ai tuoi obiettivi ed a ciò che vuoi realizzare. Ogni passo, ogni sacrificio, ogni allenamento e la scelta stessa di andare a vivere in un altro Paese senza conoscere nessuno e nemmeno la lingua parlata, è stata una decisione consapevole di indirizzarmi verso ciò che desideravo. Credo che, se vogliamo davvero raggiungere qualcosa, dobbiamo avere il coraggio di prenderci la responsabilità delle nostre paure e trasformarle in un motore per il cambiamento.
- Qual è la missione, il senso più intimo di questo tuo nuovo libro?
Il mio libro è un viaggio. Un invito a riflettere sul significato del coraggio, della perseveranza e del cambiamento. Fatto di sconfitte, di delusioni, di tecniche per superare l’incertezza e raggiungere la felicità. Ho voluto condividere la mia esperienza per ispirare più persone possibile
a credere nei loro sogni e a superare i limiti imposti dalla società o da se stessi e se stesse. Il mio scopo è dare un messaggio chiaro: nulla è impossibile se l’obiettivo è chiaro e si è disposti a lavorare duramente sfidando gli ostacoli.
- Per te che hai scelto di vivere in Francia, quali sono le grandi differenze che hai riscontrato tra il nostro sistema sportivo e quello francese o internazionale, per una donna che ha scelto questa professione?
Vivendo e lavorando in Francia, ho notato che il sistema sportivo è spesso più strutturato con . Le federazioni francesi hanno fatto molti passi avanti per integrare le donne nel mondo dello sport, sia come atlete che come dirigenti o arbitri. Certo, c’è ancora molta strada da fare, ma mi sono sentita supportata in un percorso che in Italia forse sarebbe stato più difficile, soprattutto all’inizio. L’apertura internazionale, inoltre, mi ha permesso di confrontarmi con culture diverse, che arricchiscono il mio modo di interpretare e vivere lo sport.
- Nella tua evoluzione di maturità, non ti sei solo specializzata nel segmento sportivo come arbitro, ma hai studiato quattro lingue e due lauree. Quali sono i tuoi prossimi obiettivi, oltre il novantesimo minuto, nel medio-lungo periodo?
La mia carriera sportiva è una parte della mia identità, ma non tutto. Dopo essere stata manager in aziende americane, dallo scorso anno sono anche diventata imprenditrice creando un’attività di formazione e di speaker con l’obiettivo di trasmettere tecniche e competenze sulla leadership e sul mindset, per aiutare le persone a sviluppare il loro potenziale. Inoltre, da questa stagione sono la prima talent arbitrale donna in TV e sono su DAZN per commentare le partite di Serie A.
- Si parla spesso di resilienza, cadere e rialzarsi. Io resto molto solidale con Sepulveda, quando scriveva “Vola solo chi osa farlo.” Tu cosa ne pensi? Quali consigli daresti oggi a una platea di laureandi tra le loro mille perturbazioni di visione del domani?
Sono d’accordo con Sepulveda. Solo chi ha il coraggio di osare può scoprire davvero le proprie capacità e andare oltre i limiti. Ad una platea di laureandi direi due cose: la prima, non abbiate paura dei fallimenti. Ogni errore, ogni caduta, è un’occasione per apprendere e crescere. E solo imparando possiamo diventare migliori. La seconda, credete nel vostro potenziale! Se non siete voi i primi a credere in voi stessi e voi stesse, chi lo sarà per voi? A volte, quando il futuro appare incerto, è proprio quello il momento giusto per fare delle scelte audaci, per sperimentare e mettersi alla prova. La chiave è mantenere la determinazione, credere nelle proprie capacità e, soprattutto, ricordarsi che il cambiamento parte sempre da una decisione: quella di provarci.