La stanza degli abbracci

E’ stata inaugurata presso l’RSA del Don Orione “La stanza degli abbracci”, una struttura che il Presidente della Boreale Leandro Leonardi ha donato al centro di via della Camilluccia. Grazie all’avvocato del centro Don Orione Mirella Buccomino, la Boreale è stata coinvolta nel progetto dimostrando per l’ennesima volta una forte sensibilità verso il prossimo. “Siamo un popolo mediterraneo – spiega l’avvocato - abbiamo la necessità del contatto fisico. La stanza degli abbracci nasce per far incontrare e toccare i familiari con gli ospiti della RSA”.

Don Cristiano, direttore del centro Don Orione aggiunge: “E’ stato un pensiero carino da parte della Boreale avere un’attenzione verso le persone più fragili che hanno bisogno di sostegno. Nulla può sostituire l’abbraccio, il contatto, lo sguardo, la voce. Il colore giallo della stanza trasmette e attraversa la luce, dà vita. 

“Il progetto della stanza degli abbracci, – spiega Erica Miele, psicologa della RSA del Don Orione – e il bisogno emotivo di averla è stato individuato da me e sviluppato in collaborazione con il medico responsabile RSA, la dott.ssa Elisa Maiorana, e il dirigente infermieristico RSA, dott. Peppino Perrotta”. 

Com’è strutturata questa stanza?

E’ un iglù di gomma gonfiabile – continua la psicologa - le postazioni dell’ospite e del familiare sono divise da un pannello di plastica con dei manicotti che servono per infilare le braccia per potersi abbracciare. I manicotti sono collocati nella postazione occupata dal familiare. Le postazioni sono rigide nel senso che i familiari entrano sempre da una parte e gli ospiti della RSA dall’altra. L’assenza di cura affettiva primaria e la carezza del familiare non si possono sostituire con attività terapeutiche. Possiamo soltanto cercare di lenire il dolore aumentando le possibilità di contatto sociale. 

Quant’è grande?

E’ lunga circa 4 metri, larga 1,5  e alta 2. E’ un luogo confortevole, molto caldo e particolarmente luminosa. Abbiamo scelto il colore giallo. Giallo e bianco creano una luce particolare e danno la sensazione di benessere. E’ emozionante vedere gli ospiti che si abbracciano con i loro familiari dopo 12 mesi. Per molti dei nostri ospiti, che sono ultra ottantenni, può essere l’ultimo abbraccio. Non potevamo umanamente far finire la vita degli ospiti senza l’ultimo tocco, dobbiamo evitare che i pazienti muoiano in solitudine. Il nostro obiettivo è diminuire le distanze in tutti i sensi, fisiche ed emotive. 

Come nasce l’idea?

Nasce toccando la sofferenza degli ospiti che, causa covid, hanno visto chiudere l’accesso alla RSA ai loro parenti. Una struttura come la nostra accoglie soprattutto persone fragili e anziane con patologie comportamentali fisiche e psicofisiche. Il primo passaggio è stato quello di creare un distanziamento fisico tra gli ospiti e i familiari. L’idea nasce per cercare di ricongiungerli quanto più possibile perché l’assenza di contatto fisico ha determinato nei nostri ospiti una regressione generale, una sorta di chiusura sensoriale, un impoverimento affettivo.

Gli anziani non hanno la percezione del futuro, non considerano che per loro potrebbe essere l’ultima Pasqua o l’ultimo Natale. 

Quali risultati ha ottenuto l’iniziativa?

Un grande risultato. Dovuto a un gioco di squadra non solo tra noi operatori, ma tra gli operatori e i pazienti perché abbiamo condiviso con loro uno spirito di gruppo. I nostri pazienti hanno sempre saputo tutto sul covid. Questo lavoro di squadra ci ha permesso di diventare famiglia, un’unica realtà. Siamo una delle poche RSA che non ha avuto un caso di covid da quando è iniziata la pandemia.