Cinema

Campeones – Non ci resta che vincere

Di Marta Angelucci

Campeones (adattamento italiano: Non ci resta che vincere) è il quarto lungometraggio di Javier Fesser, che col suo Camino (2008) vinse sei premi Goya, fra cui miglior regia, film e sceneggiatura.
La storia è di per sé semplice, basata sul costrutto del personaggio negativo messo a confronto con una realtà “altra” da sé stesso e che lo mette alla prova ponendo in discussione ciò in cui ha sempre creduto; non è la trama a colpire in particolare, però, ma i personaggi corali che muovono la vicenda.
Marco è un allenatore di basket di una squadra professionista di alto livello; lo stress e diversi problemi personali, lo portano a esplodere in un eccesso di rabbia contro il suo superiore e ad avere un incidente per guida in stato di ebbrezza. La sua vita da vincente, da “campione”, si ribalta completamente nel momento in cui viene condannato a tre mesi di lavori socialmente utili; l’ironia della sorte vuole che vada a lavorare in un’associazione che si occupa di persone con diverse disabilità di tipo fisico e mentale, proprio come allenatore di basket.
La scorza dura di Marco e la sua grande ambizione vengono messe a dura prova dalla squadra che si ritrova davanti, i “Los Amigos”: dieci personaggi molto diversi fra loro, il cui unico obiettivo è quello di divertirsi e praticare la propria passione. Peccato che quello di Marco sia vincere e che la poca coordinazione, la difficile comunicazione e talvolta la scarsa igiene siano delle difficoltà il cui impatto iniziale è molto difficile da superare. Marco giudica, critica, sdegna e rifiuta i propri allievi; proprio come fa con l’idea di avere un figlio da parte della ex fidanzata, di cui è ancora innamorato e, inconsapevolmente, ricambiato.
Marco verrà messo di fronte ai propri difetti e alle proprie disabilità, del tutto emotive, proprio dai suoi “campeones” e dalla ragazza Sonia: è lui quello che non sa dialogare, sempre preso dalla rabbia; è lui che non sa capire il punto di vista degli altri, vedendo solo il proprio. In un gioco di scambi, sarà proprio Marco ad essere “curato” dalla squadra, che lo farà andare oltre sé stesso, verso una parte migliore di sé che nemmeno pensava di avere. La scena della doccia è emblematica di come la comunicazione sia possibile e meravigliosa, nonostante le proprie diversità, per il raggiungimento di un obiettivo che sia molto più alto della vittoria sul campo e cioè di una vittoria con sé stessi. Ciò che i ragazzi gridano al cinico allenatore in ogni modo è che in realtà l’importante non è vincere, perché in realtà non si perde mai veramente.
Gli attori, tutti ragazzi disabili alla loro prima esperienza recitativa, riescono a coinvolgere, commuovere, far ridere e riflettere, in quello che è un film completo, un amalgama equilibrata di tutto lo spettro emotivo che riesce ad essere dolce senza essere smielata e che riesce ad essere umana senza essere buonista.